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Introduzione a Canova

Immagine del redattore: dillocomevuoidillocomevuoi

Aggiornamento: 29 mag 2018


LA VITA E LA TECNICA



LA VITA

Antonio Canova nacque a Possagno nel 1757 e morì a Venezia nel 1822. Egli fu uno dei più grandi esponenti del Neoclassicismo e maestro di arte scultorea. Il suo più grande merito è quello di aver dato nuova vita all'ideale di bellezza classica e in generale alla eredità dei greci, talvolta anche grazie alla raffigurazione di scene tratte da testi di autori come Omero, Virgilio e Platone.

Nel periodo della maturità, per soddisfare la cospicua mole di lavoro e, allo stesso tempo, per far fronte ai numerosi impegni che lo distoglievano dal lavoro, adottò il metodo del filo a piombo, nel suo studio in cui lavoravano fino a quaranta collaboratori.

L’artista interveniva ad opera quasi ultimata per rifinire le parti più complesse e delicate, come quelle delle mani, della testa e dei piedi. Il materiale utilizzato era soprattutto il marmo, che sotto il tocco di Canova, diventava "carne viva", esprimendo l’eleganza delle figure e il fascino immortale dei volti.





LA TECNICA

"II Canova", scrive il pittore Francesco Hayez (Memorie, 1890), "faceva in creta il suo modello; poi gettatolo in gesso, affidava il blocco a' suoi gio­vani studenti perché lo sbozzassero, e allora cominciava l'opera del gran maestro”.

Le fasi della tecnica di Canova, infatti, si articolano in quattro momenti principali:


1. Realizzava il disegno preparatorio sul taccuino e in seguito il bozzetto in terracotta, il quale gli consentiva di visualizzare la rappresentazione tridimensionalmente.

Disegno preparatorio

Bozzetto in terracotta

2. Realizzava il modello in creta a grandezza naturale e, successivamente, il calco in gesso.


3. Compiva la trasposizione dell’opera in marmo e la sbozzatura. Al calco in marmo venivano applicati dei chiodini di piombo (detti rèpere), ancora visibili sui gessi conservati alla Gipsoteca, che servivano da punto di riferimento per le misure.

Dopo aver posto i chiodini, il modello in gesso e il blocco di marmo da scolpire venivano posti sotto il telaio metrato, a cui erano appesi dei fili di piombo. Quindi con il compasso poteva essere misurata la distanza tra i fili e i punti precedentemente trovati. La fase successiva consisteva nell'abbozzare i blocchi sulla base delle misure del modello.


Modello in marmo con chiodini di piombo


Telaio metrato

4. La fase finale consisteva nella rifinitura.

Gli scalpellini lasciano intorno alla scultura una sorta di pellicola, dove Canova poteva intervenire, come le ciocche dei capelli, le pieghe del panneggio e la morbidezza nelle curve del corpo, in questo momento della produzione, Canova interveniva sul marmo, ricreando una perfezione plastica che avvicinava le sue opere alla carne viva.


L'opera dopo la rifinitura

Matilde Molinari IV F

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