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L’ultimo abboccamento di Jacopo Foscari

Aggiornamento: 29 mag 2018


Olio su tela,165x233

Quest’opera fu dipinta dal pittore Hayez e commissionata dall’imperatore Ferdinando I; l’opera raffigura il Doge che, con un gesto drammatico, condanna il figlio ad obbedire alla decisione del Consiglio dei Dieci, mentre si appoggia al suo bastone tremante di emozione. Attorno a lui si sono alcune figure: le donne; il nemico Loredano, i bambini. Sullo sfondo è il paesaggio lagunare con le navi pronte a partire, mentre la scena si svolge all'interno del portico di Palazzo Ducale. Il dipinto fu commissionato nel 1838 dall'imperatore Ferdinando I d'Austria per la Galleria del Belvedere di Vienna. Alla sua presentazione all'Esposizione di Belle Arti di Brera nel 1840, la critica vi riconobbe uno dei vertici più alti della produzione hayeziana. La tela rappresenta un episodio storico di tradizione veneziana. La fonte letteraria è l'Histoire de la République de Venise (1819) di Pierre Daru, dove è narrata la vicenda del doge Francesco Foscari, costretto a condannare e punire con l'esilio il figlio, Jacopo, ingiustamente accusato di tradimento; ma il tema aveva un fondamentale precedente nella tragedia di Lord Byron "The two Foscari" (1821) dove Byron fa attenzione allo stato d’animo del doge che tristemente è costretto a condannare il figlio, anche se il suo gesto poco paterno andava fatto, infatti nel quadro traspira la gestualità solenne; avrebbe ispirato anche l'omonimo melodramma di Giuseppe Verdi, messo in scena nel 1845. Il forte impatto emotivo della vasta e articolata composizione è affidato alla sapiente regia teatrale della scena, scandita dal ritmo incalzante di sguardi, gesti ed espressioni che rivelano gli affetti attraverso uno studiato contrappunto. Hayez colloca l'episodio all'angolo della Loggia Foscara di Palazzo Ducale, realizzando una spettacolare inquadratura sulla Venezia quattrocentesca.

Eleonora Bonetti IV

APPROFONDIMENTO: HAYEZ E VERDI

I DUE FOSCARI (atto II, scena II)

JACOPO: (restituisce la pergamena)

Nell'esilio io morrò . . . Non hai, padre, un solo detto pel tuo Jacopo reietto? Se tu parli, se tu preghi, non sarà chi grazia neghi . . . Pregar puoi; sono innocente; il mio labbro a te non mente.

CORO:

Non s'inganna qui la legge, qui giustizia tutto regge.

DOGE:

Il Consiglio ha giudicato; parti, o figlio, rassegnato. (S'alza, tutti lo imitano)


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