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Socrate beve la cicuta

Aggiornamento: 7 giu 2018



Antonio Canova, Socrate beve la cicuta, 1792-1795, bassorilievo in gesso a forma persa, 126x277 cm.

Socrate beve la cicuta fa parte di un nucleo di calchi (13 in totale) donati da Canova tra il 1792 e il 1795 ad Abbondio Rezzonico, nipote di papa Clemente XIII e committente del monumento commemorativo in onore del pontefice, realizzato da Canova e inaugurato nel 1793.

Il bassorilievo in questione fa parte di un gruppo di calchi tratti dal Fedone di Platone, dedicati agli ultimi momenti della vita di Socrate, il filosofo ateniese del V secolo a.C., che preferì morire piuttosto che rinnegare le proprie idee e le leggi della sua città. La sua vicenda di uomo giusto, capace di affrontare con serenità la condanna a morte, si presta come exemplum virtutis, permettendo di paragonarla alla moralità di Cristo. L’analogia tra questi due personaggi fornisce la rappresentazione di una sorta di Via Crucis laica ed è sottolineata da alcune caratteristiche comuni a entrambi, dal momento che furono ambedue condannati a morte per motivi politici e ingiustamente; inoltre vanno entrambi incontro alla morte, costretti ad affrontarla, ma al contempo fiduciosi che la vita nell’aldilà sia meglio. E’ dunque la fermezza che li caratterizza, nonostante di fronte a questa situazione il timore di Cristo contrasti con la serenità del filosofo greco.

Socrate emerge al centro della scena, sciolto dalle catene, con la mano destra alzata, come a voler sollevare i suoi cari, mentre con la sinistra regge la coppa da cui ha appena bevuto la cicuta; tutt’intorno, i suoi discepoli, tra i quali è riconoscibile lo stesso Fedone, alla sinistra di Socrate, mentre si copre con il mantello, si disperano con immenso dolore, pur mantenendo una profonda dignità nel farlo. Sulla destra la composizione si concentra nella figura ripiegata su se stessa per la sofferenza, probabilmente Critone, che, prostrato nella sua immensa disperazione, sembra stia per uscire di scena. Altri personaggi si ergono immobili, in un silenzio eloquente, colpiti da profonda ammirazione.

L’ assenza di uno sfondo definito permette di concentrare l'attenzione sulla drammaticità del gesto, che viene preferita alla semplice narrazione dell’evento. Per questo la scena è epurata da ogni elemento ornamentale, con l’unica eccezione della panca che si intravvede dietro Socrate, sulla quale sono poggiate una tunica e una catena, a simboleggiare lo stato di prigionia. Canova si dedica dunque esclusivamente alla narrazione di una scena resa asciutta, per sottolineare lo spirito classico da cui deriva la sua arte. Le pose e il panneggio, simboli di una straordinaria maestria, contribuiscono a rendere la scena solenne e a coinvolgere lo spettatore; a ciò si aggiunge una notevole varietà di espressioni dei personaggi selezionati.

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